Pronti per una nuova emergenza profughi?

Porti chiusi ai rifugiati, porte aperte al business dell'accoglienza

Pensare che l’emergenza profughi sia semplicemente connessa al numero di persone che sbarcano sulle nostre coste scappando da guerre e persecuzioni è superficiale e quanto mai distante dalla realtà.

L’emergenza nasce dall’incapacità di accogliere e di integrare, ovvero fornire strumenti per emanciparsi dal bisogno dell’accoglienza e per costruirsi una vita autonoma all’insegna della dignità e della legalità.

Le ultime  scelte governative che hanno di fatto distrutto il sistema di “prima accoglienza” (che già era al collasso e che necessitava di un forte intervento migliorativo, non certo di un intervento peggiorativo) e hanno ridotto la nostra capacità di accoglienza in termini qualitativi e quantitativi. Basta quindi un lieve aumento dei flussi (cosa evidentemente in atto visto che i trafficanti di esseri umani si stanno riorganizzando con nuove rotte e modalità) per ripiombare in emergenza.

Un sistema già saturo che a malapena riesce ad accogliere chi già è presente sul territorio nazionale.

Una realtà che getta le basi di una prossima imminente emergenza, che dovremo affrontare con nuovi e accresciuti elementi di criticità:

• con il Decreto Sicurezza non si è messa mano alla filiera della domanda di asilo, aumentando i tempi burocratici e, quindi, i tempi di permanenza nei Centri di Accoglienza Straordinaria. Posti occupati per più tempo che non si liberano per accogliere nuovi arrivi.

• lo scontro con l’Europa sul tema migranti porta ad un maggiore irrigidimento alle frontiere, con un’applicazione più ferrea del Regolamento Dublino, aumentando anche i “respingimenti” in Italia di coloro che hanno raggiunto altri Paesi Europei.

• Il nuovo sistema di prima accoglienza voluto dal Ministro Salvini: grandi centri gestiti con pochissimo personale accrescono le criticità per chi è ospitato e l’esasperazione dei territori.

• Sono state annullate le esperienze virtuose di prima accoglienza nei CAS in favore dei grandi centri di accoglienza, da sempre terreno di speculazione, business e malaffare.

Viviamo una fase di crescita complessiva di arrivi che, anche se non quantitativamente eccezionale, sta già mettendo in crisi il sistema di “prima accoglienza” ormai saturo e sempre più malandato.

La chiusura dei porti assume quindi un valore esclusivamente mediatico e di propaganda. Si apre invece al business dell’accoglienza, che si rinvigorisce e che aspetta sfregandosi le mani l’emergenza per accrescere quella “mangiatoia” che non è mai finita.

Serviva un cambiamento. Ancora una volta torniamo invece indietro, come nel gioco dell’oca, con un ritorno al passato che favorisce i grandi affaristi e gli speculatori.

Ma la parte sana e virtuosa dell’accoglienza resiste, perché questo mestiere lo facciamo per amore. Continuiamo a lavorare, ricostruendo dalle macerie un sistema virtuoso di accoglienza.


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